Esplorare Marte, armati di Perseverance

Mariner: 3, 4, 6, 7, 8, 9; Viking 1 e 2; Observer; Global Surveyor; Pathfinder; Climate Orbiter; Polar Lander; Odyssey; Exploration Rover; Reconnaissance Orbiter; Phoenix Lander; Science Laboratory; Maven; Insight; Mars 2020. Dal 1964 ad oggi sono state ben 22 le missioni nordamericane inviate, anche se non sempre riuscite, verso il Quarto Pianeta del Sistema Solare. Come dire che, dopo lo Sputnik, ormai tramontata l’era spaziale rossa e la supremazia d’oltre cortina con la morte del capo progetto Sergej Korelëv a metà degli anni ’60, l’anelito marziano è stato praticamente tutto stelle-e-strisce. Più che giusto dunque che in questo nuovo progetto compaia, per il rover, il termine Perseverance, che non ha bisogno di traduzione. O meglio, sarebbe stato quasi un monopolio se nell’ultima manciata di anni non avessero puntato gli occhi sul Pianeta Rosso anche alcuni terzi incomodo: India, Cina, Unione Europa, Emirati Arabi. Poca roba però (solo da un punto di vista numerico, sia chiaro!) al confronto… Adesso Marte interessa più della Luna, che in effetti aveva l’unico pregio di essere il corpo celeste più vicino alla Terra. Intanto, missione dopo missione, il numero di veicoli sulla superficie di Marte ha superato le dita di una mano, avviandosi inesorabilmente verso l’universale problema del parcheggio.

L’ultima missione, la Mars 2020, era iniziata lo scorso anno, alla fine di Luglio, col decollo di un Atlas V come se si fosse approfittato delle riduzioni estive ai vincoli pandemici per gli spostamenti, ma esagerando un po’. Poco più di un semestre di volo con pochissime correzioni di rotta, il cosiddetto fine-tuning; il 18 Febbraio 2021 il payload (carico utile) ha toccato il suolo marziano: per la precisione in un cratere di origine meteorica, il Jezero, che ha un diametro di ben 49 chilometri. La prima riflessione per chi ha osservato, magari in diretta, l’atterraggio (conserviamo questo termine perché ammartaggio è orribile; limiti di una lingua, l’italiano, sempre più inadeguata di fronte ad eventi, concetti, situazioni e prodotti dell’ultimo mezzo secolo. Cosa inventeremo quando tra un paio d’anni una sonda toccherà il suolo dell’asteroide Psiche? Sonda apsicata? Sonda psicanalizzata?), è che c’è stato un bel salto rispetto agli ansiogeni rimbalzoni multipli del pallone-contenitore che scaricò Spirit nel 2004, e che fu dettato da semplificazioni tecnologiche e decisi tagli sui costi. Anzi no: non c’è stato proprio nessun salto stavolta. Il sistema di discesa di Perseverance era sofisticato: non solo multistadio, con retrorazzi e paracadute, ma con scelta finale del punto migliore per il contatto, esaminando il suolo negli ultimi istanti di discesa e guidando la discesa. Decisione autonoma, ovviamente. Decisione giudiziosa. A proposito di paracadute, vale la pena cercare in rete il simpatico messaggio criptato nella sua superficie di 21 metri di diametro. Roba da enigmisti cosmici!

Come tutte le missioni esplorative di questo tipo, gli obiettivi principali sono lo studio ambientale geologico, meteorologico e chimico-fisico. Con un paio di motivazioni in più, stavolta: la questione relativa alla presenza dell’acqua, che sembra aver lasciato così tanti segni nelle rocce del pianeta, e che invece oggi è scomparsa. Forse ghiacciata in reconditi anfratti? Forse finita sottosuolo? Si parla addirittura di laghi sotterranei (chi avrebbe il coraggio di scrivere sommartenei?), e la voce è quella di ricercatori italiani. Speriamo che abbiano ragione.
L’altra motivazione, legata alla precedente, è la ricerca di campioni microbici o perlomeno di tracce prebiotiche. In seconda scelta, cioè in mancanza di queste, verificare se esistono, o meglio se sono esistite, condizioni ambientali favorevoli alla vita o almeno compatibili con essa. Ma poi ad un certo momento, Marte ha attraversato una fase catastrofica (quale? quale?): lo dimostra l’avvallamento di quasi metà della sua superficie o la singola frattura, profonda dieci chilometri, che si estende tormentata per 700. Per non parlare del Monte Olimpo, vulcano alto 27 chilometri. Uno scenario più avvincente di un romanzo giallo.

Fortuna che ci sarà tempo per affrontare tutti questi problemi: la speranza di vita operativa ufficiale per tali laboratori semoventi è sempre tenuta bassissima, per scaramanzia. Curiosity, per esempio, si è messo al lavoro su Marte nel 2012 ed era programmato per funzionare due anni; invece è già nel suo ottavo anno, da molti mesi. La stessa durata anche per Perseverance, almeno sulla carta. Quindi, grazie anche agli anni di “straordinario”, potrebbero esserci dei risultati interessanti. Infatti il rover già pensa al futuro, quando gli uomini potrebbero vivere sul pianeta. Lo dimostra il minisistema che, nella figura alla fine della pagina precedente, è indicato come Moxie: è programmato per estrarre Ossigeno (respirabile) dall’anidride carbonica (poca e irrespirabile) presente in quella atmosfera. Altra attesa novità è la presenza di un elicottero-drone: e come si sosterrà, visto che la pressione dell’atmosfera marziana è 1 /160 di quella terrestre? Già il nome del veicolo induce al sospetto: Ingenuity.. Gli americani hanno proprio il senso dell’humour! E quello dell’ottimismo: i campioni minerali che Perseverance raccoglierà non saranno solo analizzati automaticamente in loco, ma portati in laboratori terrestri. Infatti è previsto che una successiva, prossima missione andrà apposta lassù per prelevarli e portarli sulla Terra, dove verranno completati gli esami. Aspettiamo fiduciosi.

Forse, tra non molto tempo, si potrebbe realizzare un vecchio sogno (si dice sempre così): quello di Wernher von Braun (1912-1977), che sull’onda del successo dello sbarco sulla Luna, appena poche settimane dopo l’evento presentò al Congresso un progetto per portare gli Stati Uniti su Marte. Nel suo programma l’arrivo era previsto già per i primi anni ’80. Alla fine non se ne fece di nulla, ma per un soffio: al momento della votazione prevalse tra i membri del Congresso la preoccupazione per la guerra in Vietnam e per il gonfiarsi delle spese militari. Oggi che ormai tutto il mondo è in pace, c’è qualche speranza in più.

 

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