La Paleogenomica da …Nobel

La notizia dello scorso 3 ottobre, con cui veniva assegnato il premio Nobel a Svante Pääbo per la Medicina e la Fisiologia mi ha colto di sorpresa anche se da qualche anno rimbalzavano in ambienti accademici rumours su una sua possibile nomination. Sicuramente mi ha riempito di gioia perché vedere un Collega con il quale hai collaborato ed hai pubblicato delle ricerche assieme venire insignito di un riconoscimento del genere significa che quello che fai è degno di riconoscimenti di altissimo livello. È vero, le nostre pubblicazioni e le nostre ricerche riguardano argomenti che ci toccano da vicino: rispondere a domande da dove veniamo, come ci simo evoluti, perché siamo rimasti solo noi a popolare il pianeta come genere Homo, sono quesiti che suscitano in tutti grande curiosità. Però un conto è la curiosità, un conto è poi essere ascritti all’Olimpo della scienza con un Nobel.  Se però andiamo a vedere in dettaglio il perché e ne leggiamo le motivazioni, forse non possiamo che essere d’accordo. La Paleogenomica è una disciplina che si evolve dalla Paleogenetica ovvero la possibilità di andare con tecnologie molecolari super sofisticate a recuperare e ricostruire genomi completi e non solo piccoli frammenti di DNA, di individui vissuti nel passato. Oggi siamo in grado di decifrare, attraverso una lettura attenta, il DNA di ominidi vissuti anche 400.000 anni fa, di stabilire le loro caratteristiche fisiche, di capire i rapporti intercorsi tra le varie specie afferenti al genere Homo e di ricostruirne le dinamiche evolutive.  Tutto questo fino a pochi anni fa pareva fantascienza e Il percorso non è stato semplice. Si parte infatti dal 1985 quando per la prima volta Svante Pääbo estrae ed analizza il DNA di una mummia egizia vissuta circa 3000 anni prima di Cristo. Diciamo che fu un lavoro pioneristico, con qualche errore, ma ad ogni modo si capì che era possibile leggere il DNA estratto da resti umani antichi. Bisogna arrivare al 1997 quando per la prima volta viene estratto dal gruppo guidato da Pääbo un frammento di DNA mitocondriale da l’uomo di Neanderthal.  Solo però nel 2010 che, con tecnologie di sequenziamento sempre più impressionanti per precisione e rapidità di lettura, associate a processi bioinformatici complessi, viene letta la sequenza completa del genoma dell’uomo di Neanderthal. Da qui poi si faranno tante altre scoperte: si individua una nuova specie, i Denisoviani, che dall’analisi del DNA estratto da un dente ed una falange si scopre che circa 50.0000 anni fa nella grotta di Denisova,  sui monti Altai in Siberia, esisteva una specie finora sconosciuta che viveva assieme ai Neanderthal ed i Sapiens  e che con loro si era pure incrociata.  Si ricostruiscono le dinamiche migratorie che hanno permesso allo nostra specie di popolare il pianeta, si  riesce dallo studio del DNA recuperato dai sedimenti presenti nelle grotte, a capire quanti e quali individui le hanno abitate nel corso delle centinaia e migliaia di anni, fino ad arrivare ad oggi e capire che i nostri “cugini” neandertaliani ci hanno passato geni che ci permettono di stare meglio o di stare peggio se prendiamo il Covid -19, a seconda di quali di questi geni abbiamo da loro ereditato !!! Insomma, di strada ne è stata fatta tanta e tante alte interessanti scoperte ci attendono con le analisi paleogenomiche e sono convinto che questo premio è sicuramente un riconoscimento al pioniere di queste ricerche ma anche a tutta la disciplina di cui, anche io, orgogliosamente, faccio parte.

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