Ragionando sulla pandemia

Per gli italiani, ma non solo, i mesi di chiusura imposti dalla pandemia hanno rappresentato un’occasione, speriamo veramente unica da ogni punto di vista, per dare sfogo a pensieri, teorie, composizioni letterarie o quasi, ispirate da questa situazione eccezionale. Se ne sono sentite e lette di tutte e poiché, è tautologico, nel tutto ci sta tutto, considerazioni serie, semiserie e affabulazioni di vario tipo hanno riempito giornali, social, trasmissioni televisive. Ne è nata anche una feconda filiera di libri al proposito. Dalla virologia alla filosofia, alla riflessione malinconica che tendeva a una prosa romanticamente casalinga, non è mancato niente; abbiamo avuto prodotti per ogni gusto.

Gli stati d’animo, al di là della scienza demandata agli addetti ai lavori che pure non ha fatto mancare, talora, il proprio contributo alla confusione generale, i pensieri morali concernenti la vita, il destino umano, le incognite su un futuro che, come tutti i futuri, non si sa cosa ci riserverà, ma che di sicuro è destinato a essere al di sotto di una mediana positività se non verrà progettato. Esso, infatti, non si avvale né delle aspettative né delle promesse soprattutto in una fase nella quale la possibilità stessa che, nonostante tutto, vi possa essere un progresso, sembra seriamente essere compromessa. Allora – vecchio adagio italico – staremo a vedere.

Un dato però ci ha colpito poiché è suonato, con una risonanza praticamente costante, l’auspicio che dalla crisi ne usciremo migliori; che l’uomo, ossia l’umanità, farà un salto di qualità che – scusate il bisticcio – la renderà più umana, ossia più rispondente alla sua stessa natura nella convivenza tra gli individui. Speriamo sia così, ma, a ben vedere tali affermazioni sembrano più il frutto della paura che non della ragione, poiché se, nella storia c’è un qualcosa che non è scientifico, quindi oggettivo, è proprio il comportamento dell’uomo.

Nel succedersi delle stagioni storiche ve ne sono, naturalmente, delle negative e delle positive. Ciò è dovuto al complesso di una certa fase non certo perché, in struttura, sia cambiata l’essenza dell’uomo che, da quando mondo è mondo, ha fatto molti cambiamenti, molti progressi, ma pure regressioni terribili da cui guerre, persecuzioni, genocidi, vessazioni, ingiustizie e male aggiunto al male inimmaginabile poiché ciò che bolle nella mente dell’uomo è insondabile. Tra le tante conquiste della scienza, infatti, ancora nessuno è riuscito a fare una macchina che riesca a radiografare le idee della mente umana.

La pandemia ha rappresentato un qualcosa di terribile e non sappiamo ancora, al di là dei dati che ci vengono sulla sua diffusione e sulle morti che provoca, se riusciremo a sconfiggerla una volta per tutte nei prossimi mesi. Insomma, si possono fare delle previsioni, ma solo di previsioni si tratta. Nessuno può, al momento, dire una parola certa. Ancora una volta: staremo a vedere.

L’auspicio sull’uscirne migliori è solo il frutto di uno smarrimento, di una grande tremenda paura sulle incognite del futuro che pure, qualunque esse siano, dovranno essere affrontate e speriamo che il mondo, le sue organizzazioni e strutture politiche ne siano all’altezza.

Ora, se per sconfiggere il virus occorrono i risultati certi della scienza, per quanto riguarda il futuro sociale serve la Ragione e la concretezza della politica. Non esistono altre strade; arrendersi alla paura o confidare nella speranza sono due vie che non conducono da nessuna parte. Ragione e concretezza della politica, quindi; e, sicuramente, meno chiacchiere e più consapevolezza che se il mondo smarrisce il senso della centralità dell’uomo allora sì che le cose sono destinate a prendere una deriva barbara. E’ una questione di civiltà al di là di ogni credenza religiosa, fede politica o affidamento filosofico. Questa è la prova cui il momento ci chiama.

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