UNA CHIESA A GIUDIZIO

UNA CHIESA A GIUDIZIO.
I tribunali vescovili nella Toscana del Trecento

di LORENZO TANZINI

Roma, Viella, 2020

L’autorità dei vescovi nell’Occidente bassomedievale assumeva in forme molto varie, dalla sfera strettamente pastorale a quella della leadership politica, che in più di un caso vide i presuli direttamente attivi nell’agone dei conflitti cittadini. Questo volume indaga, per la prima volta in un’area vasta e assai ben documentata come la Toscana del XIV secolo, uno degli aspetti che al tempo erano strategici per l’autorità del vescovo: quello giudiziario. La curia episcopale infatti, normalmente per il tramite della cruciale figura del vicario generale in spiritualibus et temporalibus, fungeva anche da tribunale: per la giurisdizione penale sul clero, per la risoluzione di conflitti interni alla gerarchia locale su benefici, prebende e patrimoni, e non ultimo per una serie di materie quotidiane relative al laicato, in particolare nella sfera delle relazioni matrimoniali e del credito, ambito questo delicatissimo nella cultura teologica e giuridica dell’Occidente medievale. In certi casi poi, presenti anche se in maniera residuale nella Toscana del Trecento, il vescovo era anche titolare di una giurisdizione temporale su certi territori nelle campagne della diocesi.

Leggere le carte dei tribunali vescovili consente quindi di entrare al cuore di dinamiche molto profonde per la vita ecclesiastica e non solo del periodo. La Chiesa nell’Occidente tardomedievale è del resto segnata da profonde contraddizioni. La satira del cattivo chierico diffusa dalle fonti letterarie da una parte, e la maestosa costruzione del diritto canonico nella cultura universitaria dall’altra, sono i due poli entro cui si gioca una immagine così ambivalente. L’esercizio della giustizia dei vescovi permette di mettere a fuoco queste contraddizioni: innanzitutto perché consente di verificare in una prospettiva ‘pratica’ la centralità del diritto così tipica per la Chiesa del tempo, e secondariamente perché la stessa polemica contro i vizi del clero entra in gioco nella prassi del tribunale, per cui le fonti restituiscono con straordinaria vivacità un complesso gioco di rappresentazioni, aspettative e costruzioni culturali.

Una simile vivacità si riscontra anche in tutta la produzione documentaria dei tribunali per le cause matrimoniali o per i casi di usura: qui è possibile cogliere il tribunale come momento di chiarimento e definizione di dinamiche che connotavano in maniera molto intima la società medievale, e coinvolgevano le relazioni personali, le appartenenze comunitarie e i comportamenti dei singoli. Sulla scorta di contesti del genere il volume arriva, nella sua parte conclusiva, ad una serie di notazioni sulla vita religiosa del laicato e sul modo in cui i singoli fedeli percepivano la loro appartenenza alla comunità ecclesiale e la funzione del sacerdote: il tribunale è infatti anche in questo caso l’occasione per sciogliere e per rendere esplicite certe aspettative, conflitti o precomprensioni che altre fonti non consentirebbero di vedere.

Tutto questo diventa ancora più complesso quando – ed è il caso di molti episcopati toscani bassomedievali – la figura del vescovo e la sua curia siano anche al centro di tensioni politiche e conflitti, che quindi sovrapponevano un ulteriore livello di complessità alla rete già intricata delle relazioni ecclesiali.

L’analisi, che parte da una vasta ricognizione sulle fonti toscane e le loro peculiarità, valorizza questa forma singolare di giustizia, e permette quindi di aprire nuove finestre su temi tanto cruciali quanto difficili della storia sociale e delle sensibilità religiose del basso medioevo.

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